A Milano, da Enocratia governa il vino

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Enoteche e ristoranti, a Milano di certo non mancano. Invece, un locale come Enocratia è unico nel suo genere.

Perché? Basta soffermarsi a riflettere sul nome – letteralmente, “Il Governo del Vino” - e guardarne con attenzione il logo - una forchetta stilizzata, con i rebbi verso il basso e le radici verso il cielo – per intuire che questo posto ha un’essenza del tutto particolare. Per sapere in che cosa è diverso, è invece indispensabile andarci, sedersi a uno dei tavoli, cenare e parlare con chi lo ha pensato e creato.

Aperto in sordina qualche mese fa da Anna Vitolo e Davide Mingiardi, Enocratia si trova nella centralissima e tranquilla via Sant’Agnese, poco lontano dalla Basilica di Sant’Ambrogio e Piazza Cadorna; e vuole essere prima di tutto un inno alla “democrazia”, ma nel senso più lato del termine. L’insegna Enocratia prende spunto da un’antica tecnica toscana – il ‘governo’ - che prevede l’aggiunta di mosto al vino dell’annata precedente; il quale in questo modo, pur restando di fatto lo stesso, rifermenta e diventa più ‘evoluto’. In pratica, lo scopo è ottenere un presente innovativo che ha però radici ben salde nella tradizione.

“Il nome è nato da un nostro desiderio”, spiega Davide Mingiardi, “ovvero creare qualcosa che non fosse un mero esercizio economico, bensì un luogo dove si mangia e beve bene senza spendere molto, e dove si sta bene”.

E soprattutto, dove si può imparare anche qualche cosa. Perché da Enocratia bere e mangiare non sono fini a se stessi: piuttosto, vogliono essere spunto e aiuto per comprendere ad esempio come dietro e dentro a un vino ci sia sempre chi lo ha prodotto, e quanto cucina e vini nascano uno come conseguenza dell’altro.

   

In altre parole, in questo posto si fa ‘cultura’, termine tanto abusato quanto sempre più necessario, in particolare quando è utilizzato in modo appropriato. Un esempio? Nella patria del Lambrusco, c’era una certa tipologia di cucina anche perché si sposava perfettamente con quel vino. Ed è proprio questo legame tra vigne e ricette, questo riconoscimento della tradizione che poi evolve in innovazione, ciò Anna e Davide vogliono riproporre nel loro locale; dove i piatti sono sì ricercati e curati, però hanno le basi ben radicate nel terreno della storia, e aiutano a giocare con il vino, a capirlo meglio, a berlo inserito nel suo contesto originario e naturale. “La nostra è una ricerca che accomuna cultura, tradizione e idee italiane, è un percorso attraverso cibo e vino che porti a comprendere meglio quelle che sono le nostre radici, e da dove veniamo”, precisa Anna Vitolo. “Per questo ci piace andare a scoprire la tradizione, per poi farla conoscere anche a chi viene da noi. Enocratia è un progetto in divenire che non si fermerà mai a un ‘siamo arrivati’: la tradizione italiana è così ricca che ci saranno sempre storie, produttori, ricette e sapori da scoprire e trasmettere”.

Chi entra da Enocratia, può restare però disorientato trovandosi a sinistra un bancone e un pianoforte, e a destra una piccola ma ben fornita libreria, dalla quale spuntano due tavolini apparecchiati. ‘Tutto qui?’, viene da chiedersi. No, perché sia il soppalco sia il piano inferiore sono arredati con tavoli, sedie e quant’altro serve in un ristorante; e poi la cucina c’è, ed è ben in vista. Nonostante questo, non è il solito ristorante, nemmeno nel concept. Lo testimonia anche la scelta dell’orario continuato, dalle 12 alle 2: a mezzogiorno, il menu è pensato per chi ha poco tempo, mentre chi lo desidera può entrare e fermarsi anche nel pomeriggio per gustare un tagliere di salumi e formaggi con un calice di vino, oppure una fetta di torta con il tè, e intanto starsene seduto a leggere un libro, lavorare e navigare in wi-fi con il proprio pc. E anche stampare, visto che il locale fa parte di una rete di coworking. È di sera che Enocratia esprime la sua vera anima, dove cibo e vino vogliono poter godere dello stesso ‘diritto’, con un occhio di riguardo per  il vino. Perché le 160 etichette circa che compongono la cantina – soprattutto di piccoli produttori e territori particolari, e tutte comunque disponibili anche a calice -  non sono trattate come bottiglie più o meno famose, bensì come singoli micro universi, spesso poco noti al grande pubblico ma che raccontano innanzitutto la storia di chi li ha fatti nascere.

   

“Noi siamo i ‘padroni di casa’ che accolgono i clienti, chiedendo loro però di dedicare un pizzico di attenzione in più a ciò che succede al tavolo”, spiega Davide. Il quale, sebbene giovanissimo (come del resto anche Anna, e Francesca Lecchi e Mattia Chiesa in cucina, cui prossimamente si aggiungerà lo chef Eugenio Boer, e Ida Calandro in sala) ha già un curriculum di tutto rispetto e molte esperienze alle spalle, e soprattutto una intelligente passione per il mondo del vino e per i suoi protagonisti. “Prima conosciamo le persone e poi scegliamo il loro vino, concentrando la nostra attenzione verso quelli eccezionali e di territori poco reputati”, dice Davide. Per poi trasmettere il tutto a chi frequenta Enocratia, però più attraverso i sensi che le parole. Come sottolinea ancora il ‘padrone di casa’: “Servendo un vino al tavolo, non lo spieghiamo più di tanto, perché preferiamo che sia chi lo beve a vivere l’esperienza a mente sgombra, in modo da rispettare coloro che quel vino lo hanno prodotto”.

 

Ma non finisce qui la ‘diversità’ di questo locale. Perché il rituale classico - dove si guarda che cosa c’è in carta, si opta per il piatto e poi si sceglie il vino - è capovolto per con il ‘Menu Enocratico’, come racconta meglio Davide: “Su questo menu è riportata solo la tipologia della portata, accanto ai vini più indicati da abbinare. E quindi, il cliente comincia prima dal vino - da antipasto, da primo, da secondo ecc. - e in base a quello, noi decidiamo il piatto da abbinare”.

Perché Enocratia, Menu Enocratico, e il Governo del vino, partono dal presupposto che sia quest’ultimo appunto a ‘governare’: ci si siede a tavola, si decide che cosa bere, e poi, insieme a chi il vino lo conosce, si arriva al piatto più adatto, in modo che l’esperienza abbia come fulcro il vino.

Ma niente paura: chi vuole seguire lo schema usuale, ha a disposizione una carta come da tradizione, cui presto si unirà un menu ‘Brace’, con carne preparata sulla pietra lavica.

Insomma, quello che si nasconde dietro l’insegna Enocratia è un progetto raro, ambizioso, aperto e in costante evoluzione. Che vede spesso coinvolti anche i singoli produttori, i quali durante le serate a tema hanno l’occasione per raccontarsi e raccontare i loro vini. “A volte, sono loro stessi a chiederci di organizzare questi incontri, e ciò ci rende molto felici”, concludono all’unisono di Anna e Davide. “Perché per noi anche questo è un modo per condividere con i nostri clienti l’anima di chi sta dietro ai vini che offriamo”.

 

www.enocratia.com

 

Fiorenza Auriemma

 

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