Nicolas Joly, c’è troppa frutta in alcuni vini

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NicolasJoly_SULa seconda giornata di SEMPLICEMENTEUVA, la rassegna ideata da Davide Paolini e Piaceri d’Italia per presentare al grande pubblico i vini naturali, si è svolta all’insegna di dibattiti e confronti sulle loro caratteristiche, pregi e talvolta difetti. Una riflessione a 360° su prodotti sempre più apprezzati dai consumatori e destinati a ritagliarsi, in breve tempo, una fetta importante del mercato enologico.

 

Ha aperto le discussioni, l’ospite d’onore della rassegna milanese, in programma fino a domani nei capannoni industriali ristrutturati di via Giovanni Ventura 15, il francese Nicolas Joly. Il vigneron transalpino è considerato il “maitre à penser” dell’agricoltura e della vinificazione biodinamica ed è fondatore del movimento “Renaissance des AOC”: associazione di vignaioli a cui aderiscono anche produttori italiani e di altri Paesi. Durante l’affollato convegno “La scelta naturale: etica, economia, prospettive”, organizzato dalla rivista Porthos, Joly ha ripetuto i principi alla base dell’approccio della coltura biodinamica.

 

“Non bisogna pensare a ciò che coltiviamo come a materia, ma come energia. La biodinamica ci insegna a capire i processi che arrivano a creare la materia. Un coltivatore comprende e segue i processi di nascita, crescita e maturazione dell’uva e diventa autore di questo percorso- ha spiegato Joly - E’ un evento sempre diverso e unico, secondo il luogo dove avviene e così fare vino diventa semplicemente l’arte di capire cosa da vita alla terra e quindi all’uva”.

 

Idee chiare anche su cosa dobbiamo aspettarci quando assaggiamo un vino: “Dobbiamo sempre chiederci se il gusto che sentiamo è vero o costruito. Rimango sempre colpito quando leggo recensioni dove si scrive di note di pompelmo, ananas, ribes e via così. In un unico vino non può esserci tutta quella frutta. Si tratta certamente di qualcosa di fabbricato, non certo di naturale. Ma tutti noi non dobbiamo cercare sempre il migliore vino in assoluto, “il best of the best”, ma un vino che ci emozioni. E certamente il fatto di essere naturale non significa necessariamente essere anche buono”.

Ricerca non sempre facile, visto che in Francia e anche in Italia i vini naturali spesso non riescono a ottenere la denominazione d’origine controllata. Motivo: le commissioni esaminatrici li considerano erroneamente atipici. Cioè con un gusto che non si adegua alla loro idea del vino. Mentre, paradossalmente, rischiano di essere proprio loro l’autentica espressione del territorio dove nascono.

 

Ma anche su questo problema Joly ha una sua risposta: “Abbiamo invitato a Parigi un gruppo di esperti e di giornalisti e abbiamo presentato una degustazione comparata tra etichette con denominazione d’origine e vini bio che non l’avevano ottenuta. E’ stato a tutti evidente come quelli biodinamici fossero di gran lunga più buoni!”.

 

Anche secondo Giuseppe Palmieri, sommelier e direttore de La Francescana, il ristorante dello chef Massimo Bottura è, infatti, importante fare conoscere la qualità dei vini naturali. Intervistato dal sito www.semplicemnteuva.it ha spiegato: “Spesso si rischia di ghettizzare il biodinamico come diverso e si fanno passare per ordinari i vini convenzionali. La definizione di vino naturale dovrebbe essere metabolizzata dal pubblico nella sua accezione più quotidiana. In altre parole, il vino servito dovrebbe essere il più organico possibile. E’ un passaggio culturale complicato perché il settore del biodinamico è in fase di evoluzione. Tutti cavalcano il concetto di naturale, ma produrre vino naturale è una cosa seria e difficile: serve sensibilità, tradizione, esperienza e umiltà”.

 

Qualità che non mancano certamente a Stanislao (Stanko) Radikon, che con la sua famiglia produce sull’altura di Oslavia (Gorizia), vino naturale, con il massimo rispetto per il territorio e per l’ambiente: “Per essere definito naturale un vino deve esprimere trasparenza, sincerità, la sua vera anima. Questo non significa che deve essere per forza perfetto… paragonandolo a una donna, ha uno stile “acqua e sapone”! Il vino “è”, e non deve assume particolari sembianze”.

 

“Bisognerebbe lavorare come si faceva 50 anni fa, quando tutto era naturale - conclude Radikon - La chimica ha fatto sì che si potesse modificare e pilotare un prodotto raggiungendo i risultati voluti a tavolino, trasformando il vino in una bevanda buona per forza”.

 

Buona dovunque e comunque perché sempre uguale alle altre. Quello che i  vini naturali proprio non possono e non vogliono essere.

www.semplicementeuva.it

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