Willsberger: la freschezza di un’idea

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 «Come fai a dire se è più bella la primavera o l’autunno, il grigio o il rosso?». Come fai a dirlo se abiti là dove le colline verdi degradano fino a toccare l’acqua lacustre?

 

E soprattutto come fai a dirlo se il tuo sguardo cade su alcuni insoliti quadri, che dominano le pareti di una casa minimal? Questi specchi candidi sono tela su cui un neofita della pittura “appoggia” ingredienti anziché tempere o pastelli. Così, chicchi neri di riso assumono nuova forma e diversa consistenza. Come fai a riconoscervi il risotto di Gualtiero Marchesi, se prima non ne scorgi la foglia d’oro? Senza dimenticare di considerare che è un tributo di un gigante della fotografia a un signore della cucina del quale – come di tanti altri- ha saputo raccontarne i piatti con un clic?

Non lo si può sapere finché quello sguardo curioso non cade su un gruppo di forchette che tintinnano a mo’ di “scacciaspiriti” all’ingresso della cucina, quasi a voler tenere lontano tutti gli animi poco inclini al mangiar bene.

  

Non lo si può dire finché non ci si siede a un grande tavolo e si sfoglia l’ultima opera di Johann Willsberger. In due volumi a tiratura limitate, vi sono raccolte le fotografie dei più grandi vitigni del mondo, delle uve di Romanèe-Conti, Barolo e tanti altri che sono immortalate nella sua fase più turbolenta: la fermentazione. La bellezza e il mistero della cantina trovano un nome e un volto nelle foto in bianco e nero, che costituiscono l’anima del secondo volume. Gli uomini e le donne del vino sono scovati nei ricordi di famiglia. Con caparbietà, l’autore ha girato il mondo scoprendo, annotando e archiviando storie uniche come lo sono i personaggi che rendono inimitabile una bottiglia.

   

Questo è Johann Willsberger, quanto di più straordinario il mondo dell’enogastronomia conosca: ha rivoluzionato la fotografia, trovando un linguaggio grazie al quale i piatti prendono vita attraverso le sue lenti. Con uno scatto di un millesimo di secondo sa catturare la creatività di uno chef e delle sue preparazioni. Ne rimane per primo sbalordito sedendo alla tavola del personaggio di turno e ne restituisce poi l’opera d’arte, una volta che ne ha carpito i sapori e gli equilibri. Willesberger ha raccontato diversi paesi, cuochi e le relative genialità in 25 anni e, per sua scelta, in 101 numeri della rivista da lui fondata, Gourmet.

 

A partire dal 1975 fino al 2001, Johann ha girato il mondo sedendosi innanzitutto alla tavola di professionisti della cucina quasi fossero delle “muse ispiratrici”. Ne ha colto il meglio nel breve momento dell’attesa e dell’assaggio e l’ha raccontato attraverso il linguaggio della sua macchina fotografica. Per il fotografo di origine austriaca, ma da vent’anni in Svizzera, il suo lavoro non ha segreti che debbano essere gelosamente custoditi e rivelati solo a discepoli eletti. La vera differenza la fanno passione e conoscenza della materia prima, delle sue caratteristiche e di come il mondo enogastronomico sia in grado di esaltarla nelle varie cotture e abbinamenti.

 

Willesberger scopre di un manzo Kobe le venature più nascoste, facendone un mare di striature perfette. Ha la pazienza di costruire i propri set disponendo, ad esempio, l’olio extravergine, quello di zucca e l’aceto in modo da creare geometrie e paesaggi insoliti. Le sfumature, le consistenze, le nuance di colore che vivono oltre l’apparenza. Ognuno di noi in potenza sarebbe in grado di coglierle, se solo dedicasse un attimo del suo tempo a cercare non ciò che è migliore o peggiore, bensì ciò che è in sé bello.

Per questo, quando si prepara per un progetto, Willsberger viaggia nel mondo degli ingredienti, nei paesi da cui provengono, e vi trova l’ispirazione per uno scatto o una sfida come quella dei “quadri-tributo” ai piatti di chef famosi.

 

E voltando lo sguardo, in un momento in cui il vento increspa il lago di Lucerna con violenza, ci si accorge che la bellezza è molto più di un omaggio a Marchesi o di un attestato di stima per la cucina italiana e i suoi prodotti, come il tartufo.

Come fai a dire se sia più bella una vigna provenzale o una collina toscana? Come fai a dire se sia più bello un pacchero o un carré d’agnello? Non c’è una risposta da cercare o un segreto da svelare, bensì la freschezza di un’idea.

Claudia Orlandi

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